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La storia

Innanzitutto il nome.
Le origini del nome dell'isola si perdono tra realtà e leggenda. Tra le ipotesi più suggestive c'è quella che fa derivare il nome Procida dal greco "prochetai" cioè "che giace"; infatti se si guarda attentamente la morfologia dell'isola ci si accorge che essa sembra giacere coricata e sdraiata nel mare; altre fonti fanno derivare il nome dalla sua origine flegrea, il verbo greco "prochyo" infatti significa eruttare e le coste irte e frastagliate ne manifestano palesemente la violenta natività; altri ancora, tra cui Dionigi di Alicarnasso, fanno derivare il nome da quello di una nutrice di Enea di nome Procida, che fu sepolta sull'isola che guarda il promontorio di capo Miseno, il fedele trombettiere di Enea.

Le prime notizie su Procida risalgono, secondo le testimonianze più attendibili, all'VIII secolo A.C. quando, provenienti dall'isola di Eubea, i coloni Calcidesi vi approdarono con il loro bagaglio culturale, in campo artistico e culturale.
I Romani alle isole flegree preferirono la terraferma come sito di villeggiatura, in quanto la loro natura vulcanica mal si prestava alla grandiosità costruttiva dell'architettura romana. Soltanto Capri, per le sue rocce calcaree, ebbe l'onore di assurgere a sede imperiale.
Durante l'alto medioevo, l'isola fu frequentemente battuta dai pirati saraceni che razziarono gli abitanti. Tra le incursioni più devastanti si ricordano quelle dei corsari musulmani capitanati da Barbarossa. E proprio ad una delle tante incursioni saracene è legata la leggenda di San Michele Arcangelo, divenuto poi patrono dell'isola.
Procida ebbe propri signori feudali: Giovanni da Procida dal 1210 al 1258, i Cossa 1339-1529 e i d'Avalos dal 1530 al 1729, cui seguirono i Borboni.

La storia moderna si sviluppa nella prima metà del 1700 quando a bordo delle tartane (imbarcazioni a fondo piatto e senza ponte) armate di vele latine, i procidani trasportavano legna e carbone dalla foce del Volturno e olio dalla Calabria al Porto di Napoli.
D'altronde, come scriveva nel 1932 il reverendo Vincenzo Scotto di Carlo, fiduciario della Scuola Professionale Marittima, "La storia di Procida è storia marinara, storia di remi e di vele, storia di lenze e di reti, storia di pesce e di traffico, alterna vicende millenari di lotte durissime".
Nel 1800 è la volta dei bastimenti più grandi e più attrezzati a commerciare e trafficare con tutto il mondo: i Procidani toccano la Martinica, l'Indocina, l'America Occidentale, sbarcano a Valparaiso. Al 31 dicembre 1885 Procida occupa fra le Marine del Regno Borbonico il 7º posto per numero di tonnellate, ed il 4º posto per numero di navi. Conta, infatti, 133 bastimenti di lungo corso, piccolo e gran cabotaggio.




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