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Il cenobio benedettino di S.Margherita

Sulla sommità della collinetta di Santa Margherita, parzialmente nascosta tra la rigogliosa vegetazione, emergono i resti di quella che fu una delle più antiche costruzioni di Procida, un eremo risalente all'alto medioevo, probabilmente al XI secolo.

La torre di S.Margherita in una foto degli anni '50

A seguito della distruzione di Miseno nell'anno 846 e all'interruzione delle antiche strade (Domiziana e Appia), al di là del mare, sull'isola di Procida inizia a formarsi un abitato sull'unica altura naturale, l'attuale Terra Murata, e la costruzione di tre cenobi benedettini sull'altura abitata, nel pianoro della Starza e sulla collina nell'estremità meridionale dell'isola, prospiciente l'isolotto di Vivara.

I monasteri della Starza e di Santa Margherita furono caratterizzati nei secoli da alterne vicende, troppo esposti alle minacce delle incursioni saracene; le monache della Starza nel XV secolo furono trasferite a Napoli e il cenobio di Santa Margherita fu ceduto ai Domenicani. Già nell'inventario dell'Abbazia di San Michele del 1521 non c'è più traccia della presenza benedettina sull'isola.
I monaci domenicani furono successivamente trasferiti nel 1585 dal Cardinale Innico D'Avalos in un luogo più sicuro e per loro venne costruito il monastero di Santa Margherita Nuova sull'altura adiacente la Terra Murata, che successivamente venne detta Punta Dei Monaci.
Un'antica tradizione vorrebbe che i domenicani si risolsero ad abbandonare l'antico convento in seguito al rapimento di un frate da parte dei pirati ottomani.

La torre di S.Margherita Il cenobio di Santa Margherita venne abbandonato e così rimase fino ai giorni nostri.
Ricostruito in parte durante gli anni cinquanta del '900 da parte dello scrittore Guido Zerilli Marimò, un imprenditore legato alle industrie farmaceutiche Lepetit, il cenobio occupava il crinale dell'altura con il lato maggiore orientato da est a ovest; adagiato al lato settentionale del complesso sorgeva una torre quadrata a difendere il complesso e sorvegliare il mare verso Capri, Vivara ed Ischia.
Insieme alla torre doveva essere visibile la chiesa, a pianta rettangolare, circondata da i dormitori, il refettorio, il chiostro e gli ambienti di servizio.

Durante il restauro la torre ed alcuni ambienti adiacenti furono destinati ad abitazione, mentre successivamente, in epoca più recente, gli eredi di Zerilli Marimò hanno ricostruito anche altre porzioni di ruderi con l'obiettivo di ricavarne un resort.
Congiuntamente al restauro della torre Zerilli Marimò fece crescere una pineta attorno alla torre, piantando un migliaio di pini marittimi, con la collaborazione di Domenico "Cuccieddo" Lubrano Lavadera, un agricoltore di Santa Margherita, che aiutò l'imprenditore anche alla "ricostruzione" di un grande uliveto sulla parte occidentale della collina.

La torre del cenobio di Santa Margherita costituisce, insieme alla torre della Rotonda al Pozzo Vecchio e alla torre Fasano (in via Giovanni Da Procida), il simbolo dello stemma di Procida, con tre torri su uno specchio d'acqua; ma a Procida si contavano almeno altre 2 torri.

Lo stemma dell'Isola di Procida




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